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Commento l'inchiesta di Fabrizio Salvio - Sportweek

2022-12-17 13:44

Daniele Lalli

Commento l'inchiesta di Fabrizio Salvio - Sportweek

Oggi, 17 Dicembre, su Sportweek è uscita l’inchiesta di Fabrizio Salvio, sulla grave situazione del calcio italiano, dal titolo: Emergenza vivai – Non è un paes

Oggi, 17 Dicembre, su Sportweek è uscita l’inchiesta di Fabrizio Salvio, sulla grave situazione del calcio italiano, dal titolo: Emergenza vivai – Non è un paese per giovani. Il giornalista centra il punto: un sistema che “produce” poco in termini qualitativi e quantitativi. Insomma, come dico sempre, una crisi da mancanza di talento.

 

Entrando nel vivo, si passa la palla agli addetti ai lavori, nove gli intervistati, e qui le cose iniziano a scricchiolare.

Viscidi entra subito nel vivo evidenziando come in Italia non ci siano più talenti in grado di fare la differenza. Non è la prima volta che affronta la tematica. Questo però deve sorprendere, perché nel 2012, insieme a Sacchi, il Club Italia diffondeva valori come: “l’avere a che fare con giocatori che devono essere disponibili alla fatica e che non presentino individualismi”. Si sono impegnati a far emergere gregari e quelli ora abbiamo. Si ha memoria corta.

 

Il testo continua puntando il dito contro gli allenatori, accusati di pensare alla propria scalata professionale e non alla crescita dei giovani. Che molti allenatori pensino al proprio orticello è evidente, ma bisogna scavare più a fondo. Cosa chiedono i club agli allenatori? Su cosa li valutano? Quando li premiano? Il Club Italia lavora per scalare i ranking, sennò i vertici federali fanno saltare le poltrone; tutti i club professionistici dicono che la vittoria è un mezzo, ma se si perdono 5 partite di fila si cambia allenatore; nei dilettanti l’obiettivo è arrivare all’élite con ogni mezzo; i giornalisti elogiano chi vince e così via. Questa è la realtà: è un problema sistemico, culturale, guidato da una ricerca esasperata del risultato che porta a cascata a prendere scelte sbagliate.

 

Questa ricerca del risultato a livello giovanile va a braccetto con la fisicità. Così i nostri vivai sono pieni di falsi talenti. Giovani che possono sfruttare vantaggi psico-fisici momentanei così da raggiungere i risultati nel qui e ora. Si confonde l’identificazione del talento con l’identificazione della performance, che porta, ad esempio, a selezionare quasi tutti ragazzi nati nei primi mesi. È ancora Viscidi a spiegare come il puntare sulla fisicità sia una strategia utilizzata da chi non ha “una chiara idea di gioco”. Alla luce di questo, cosa dovremmo pensare del Club Italia, dato che da tempo, per scalare i ranking, utilizza la “S” di statura e struttura, ha quasi tutti i ragazzi convocati dei primi mesi e con vantaggi di maturazione? Avete idea dell'impatto che queste dinamiche possono avere sull'intero movimento?

 

Ma secondo alcuni degli addetti ai lavori, trascurare la tecnica individuale, è la causa dei problemi.

 

Il responsabile del vivaio della Roma, Vergine, spiega come il club abbia aggiunto 100 ore di lavoro sulla tecnica individuale, per Fusco, ex Juventus, nei vivai bisogna reintrodurre il vecchio “muro” e per Viscidi è venuto meno il lavoro individuale.

 

Purtroppo, in Italia, ogni volta che si apre un periodo di crisi con risonanza mediatica o si discute su come far tornare a splendere il nostro calcio, come soluzione, a partire dai vertici del sistema, si invoca a gran voce la necessità di concentrarsi sulla “tecnica”. Un luogo comune che si ripresenta continuamente. Un disco rotto. Si guarda il mondo attraverso lenti riduzionistiche e deterministiche abbracciando assiomi tradizionali oramai superati. Lo evidenzia nel testo anche Filippo Galli, che, in modo esaustivo, sottolinea l’importanza dello “stare nel gioco”.

 

Dato che, come emerge da queste pagine, anche chi rimpiange il gioco di strada, poi invoca come soluzione la tecnica individuale, è bene ricordare che “stare nel gioco” non è nient’altro che la natura del calcio e chiunque si allontana da essa, sta lavorando male.

La pratica serve per sviluppare le proprie soluzioni funzionali in relazione a un obiettivo e non a riprodurre una tecnica o movimenti ritenuti “giusti”. Continuare a parlare dei fondamentali, di 1vs1, di dribbling, di tecnica individuale e analitica non farà altro che nutrire questa cultura sbagliata.

 

Altri due sono i temi interessanti. Di Biagio pone il focus sulla mancanza di coraggio degli allenatori delle prime squadre a lanciare i giovani italiani. Bisogna fare attenzione perché questo è uno dei luoghi comuni più utilizzati nel nostro calcio, che serve solo a rimanere immobili. Illusoria l’idea di avere giovani “talenti” italiani boicottati dagli allenatori.

 

Infine, chiudiamo con le seconde squadre, viste come la panacea. Anche questo tema va analizzato attentamente, perché se un ragazzo è di valore non sarà il contenitore nel quale si trova a giocare a limitarne le possibilità: sia parlando di un Primavera che si fa notare, allenandosi con la prima squadra, che di un ragazzo mandato a farsi le ossa in una serie minore. Seconde squadre che, inoltre, rappresentano a meraviglia la cultura del copia-incolla che vige in Italia. Il pensiero comune è: se lo fanno in Spagna e Francia, allora facciamolo anche noi! Una totale assenza di sensibilità per il contesto.

 

È il lavoro sbagliato dei vivai che compromette la salute dei club e dell’intero movimento, ma le motivazioni sono ben altre da quelle esplicitate dagli addetti ai lavori, che, non cogliendo la responsabilità delle proprie azioni, si avventurano alla ricerca di possibili soluzioni a problemi da loro creati e continuamente nutriti.

 

 

Per tentare di capire la realtà italiana, questo e molto altro nel mio libro: “Oro sprecato. Come il calcio italiano sta uccidendo il talento”.

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